Introduzione

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Presentazione Report Draghi

Il 9 settembre 2024, a un anno dall’incarico ricevuto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, Mario Draghi ha presentato a Bruxelles il suo Report “The future of European competitiveness", uno studio approfondito di 400 pagine per comprendere il futuro del continente europeo in termini di crescita e competitività.

Il Report di Draghi delinea una nuova strategia industriale per l'Europa che deve concentrarsi su tre questioni cruciali per il futuro economico dell’Europa:

  1. colmare il divario di innovazione con Stati Uniti e Cina;
  2. sviluppare un piano comune per collegare l'obiettivo della decarbonizzazione con una maggiore competitività;
  3. rafforzare la sicurezza dell'Europa e ridurre la sua dipendenza dalle potenze economiche straniere.

Il documento si compone di 2 parti: 

In questa Lezione FIRST andremo a sintetizzare il Capitolo 2 - Colmare il divario di innovazione della Parte A.  Il capitolo si focalizza sulla necessità di colmare il divario di innovazione in Europa, puntando l’attenzione sulle seguenti questioni, oggetto di un’analisi più approfondita contenuta nella Parte B del Report.

Produttività motore di crescita economica

La produttività è il motore principale di una crescita sostenibile e, in quanto tale, una delle principali sfide dell’Europa odierna. Il fattore chiave del crescente divario di produttività tra UE e USA è stato e continua ad essere lo sviluppo tecnologico. Se si escludesse il settore tecnologico, la crescita della produttività dell'UE negli ultimi 20 anni sarebbe quasi uguale a quella degli USA, ma il settore tecnologico negli Stati Uniti ha spinto una crescita molto maggiore. L’Europa è soprattutto in ritardo nelle tecnologie digitali innovative. Inoltre, nell’informatica quantistica - destinata a diventare la prossima grande innovazione - cinque delle prime dieci aziende tecnologiche a livello globale in termini di investimenti nel settore hanno sede negli Stati Uniti e quattro in Cina. Nessuna ha sede nell’UE.

Nonostante il ritardo, l'Europa ha ancora la possibilità di capitalizzare le future ondate di innovazione digitale: è importante che le aziende dell’UE mantengano una posizione di rilievo nei settori in cui è richiesta la sovranità tecnologica, come la sicurezza e la crittografia (soluzioni di “sovereign cloud”); l’Intelligenza Artificiale – e in particolare l’IA generativa – è una tecnologia in evoluzione in cui le aziende dell’UE hanno ancora l’opportunità di ritagliarsi una posizione di leadership in segmenti specifici (ad esempio, la robotica autonoma, dove l’Europa ha una solida posizione essendo la sede del 22% delle attività mondiali ).

L’integrazione verticale dell’IA nell’industria europea sarà inoltre un fattore cruciale per sbloccare una maggiore produttività. L’IA rivoluzionerà diversi settori in cui l’Europa è specializzata e sarà fondamentale per la capacità delle aziende dell’UE di rimanere leader nel loro settore. Questo vale, ad esempio, per i settori  farmaceutico, automobilistico e dell’energia.

Occorre fornire agli europei le competenze necessarie per trarre vantaggio dalle nuove tecnologie, in particolare IA, in modo che queste e l'inclusione sociale vadano di pari passo. L’impatto dell’IA in Europa è stato finora di aumento della manodopera piuttosto che di sostituzione della stessa. Questa situazione potrebbe essere transitoria, perché le imprese sono ancora nella fase iniziale di comprensione di come impiegare queste tecnologie. L’Europa dovrebbe eguagliare gli USA  in termini di innovazione e puntare a superarli nell'offrire opportunità di istruzione e di apprendimento permanente, assicurando che i benefici dell’IA siano ampiamente condivisi.

Gli ostacoli all’innovazione

La debolezza dell'innovazione in Europa è dovuta a una struttura industriale statica che crea un circolo vizioso di bassi investimenti e bassa innovazione, ovvero mentre l’economia USA negli ultimi 20 anni ha alimentato nuove tecnologie innovative e gli investimenti l’hanno seguita, riorientando i finanziamenti verso settori con elevato potenziale di crescita della produttività, in Europa gli investimenti sono rimasti concentrati su tecnologie mature e in settori in cui i tassi di crescita della produttività delle grandi aziende stanno rallentando. Nel 2021, le imprese europee hanno speso per la R&I, in percentuale del PIL, circa la metà di quelle USA (circa 270 miliardi di euro), un divario determinato da tassi di investimento molto più elevati nel settore tecnologico statunitense. Il conseguente ciclo di scarso dinamismo industriale, bassa innovazione, bassi investimenti e bassa crescita della produttività in Europa è stato definito la “trappola della tecnologia intermedia”.

L’Europa ha una posizione forte nella ricerca fondamentale e nella brevettazione: nel 2021, ha rappresentato il 17% delle domande di brevetto globali, contro il 21% degli USA  e il 25% della Cina. Tuttavia,  non ci sono abbastanza università e istituti di ricerca ai massimi livelli (solo quattro università dell’UE si classificano tra le prime 50 a livello globale). L’Europa è debole anche nel passaggio alla commercializzazione della ricerca fondamentale: uno dei motivi principali è che i ricercatori in Europa sono meno integrati nei “cluster” dell’innovazione – reti di università, start-up, grandi aziende e venture capitalist (VC) – che sono responsabili di molti successi commerciali nei settori high-tech.

Le università sono uno degli attori centrali degli ecosistemi dell’innovazione, in quanto producono una forza lavoro altamente qualificata, generano ricerca innovativa e contribuiscono a trasformare la ricerca fondamentale in innovazione pratica. I cluster di innovazione high-tech si formano tipicamente intorno a istituti di istruzione superiore di eccellenza. La mancanza di queste istituzioni nell’UE e la debole interazione tra università e imprese limitano il trasferimento tecnologico, la capacità di innovazione e, in ultima analisi, la crescita economica.

L’UE dispone di importanti capacità, in particolare nelle tecnologie verdi, nella produzione avanzata e nei materiali avanzati, nell’industria automobilistica e nelle biotecnologie. Tuttavia, è debole nelle tecnologie digitali, come l’intelligenza artificiale (AI), la sicurezza informatica, l’internet delle cose (IoT), la blockchain e i computer quantistici.

La spesa pubblica per la R&I in Europa manca di scala e non è sufficientemente focalizzata sull’innovazione dirompente. Gli Stati UE spendono complessivamente un importo simile a quello degli USA per la R&I in percentuale del PIL, ma solo un decimo di questa spesa avviene a livello europeo. La spesa per la R&S a livello europeo proviene principalmente da Horizon Europe, il programma quadro dell’UE per la R&I, ma questo strumento è articolato su troppi campi, eccessivamente burocratico e di difficile accesso e non sufficientemente focalizzato sull’innovazione dirompente. Inoltre, la mancanza di coordinamento fra gli Stati membri impedisce lo sviluppo di infrastrutture tecnologiche e di ricerca all’avanguardia a livello mondiale, il che limita la capacità di R&I, mentre il coordinamento è fondamentale per lo sviluppo di grandi progetti infrastrutturali di R&I, come dimostrano gli esempi di successo del CERN e dell’EuroHPC (European High-Performance Computing Joint Undertaking). La mancanza di coordinamento tra gli Stati membri porta anche a potenziali duplicazioni e riduce la concorrenza per i finanziamenti basati sull’eccellenza, che è un motore fondamentale dell’innovazione rivoluzionaria.

La frammentazione del Mercato Unico ostacola la crescita delle aziende innovative. Le differenze normative, fiscali e legali tra gli Stati membri limitano la capacità delle imprese dell’UE di crescere. Poiché il Mercato Unico è frammentato nei settori che contano per le imprese innovative, l’aumento di scala nell’UE offre prospettive di crescita più deboli (il che spiega i bassi livelli di domanda di finanziamenti in Europa). Molte aziende dell’UE con un elevato potenziale di crescita preferiscono quindi chiedere finanziamenti privati e fare scale-up sul mercato americano, dove possono più facilmente espandersi e realizzare maggiore redditività. Tra il 2008 e il 2021, in Europa sono state fondate 147 “unicorni”, ovvero startup con un valore di oltre 1 miliardo di dollari, ma 40 di queste si sono trasferite all’estero, la maggior parte negli USA. La mancanza di potenziale di crescita in Europa è particolarmente rilevante per le imprese innovative tecnologiche, e ancora di più per quelle deep tech. La frammentazione del Mercato Unico pone inoltre molte imprese dell’UE in una posizione di svantaggio nell’adozione delle nuove applicazioni di IA, perché impedisce di raggiungere dimensioni adeguate per l’adozione di tecnologie avanzate. Le maggiori dimensioni dell’impresa favoriscono l’adozione delle tecnologie perché le imprese più grandi possono distribuire gli elevati costi fissi degli investimenti nell’IA su un fatturato maggiore, possono contare su un management più qualificato per i necessari cambiamenti organizzativi e possono impiegare l’IA in modo più produttivo.  Nell’UE, nel 2023, il 30% delle grandi imprese aveva già adottato l’IA, contro il 7% delle PMI. 

La concorrenza per la potenza di calcolo e la mancanza di investimenti nella connettività possono diventare fattori critici per la digitalizzazione nell’UE. L’UE è anche in ritardo rispetto agli obiettivi del Decennio digitale 2030 per quanto riguarda la diffusione della fibra e del 5G e non vi sono investimenti sufficienti nella connettività a causa della frammentazione del mercato di settore europeo. Attualmente l’Europa non è praticamente presente nell’edge computing.

Il divario di competenze

L’economia europea mostra inoltre una persistente carenza di competenze, che costituisce anche un ostacolo all’innovazione. L’offerta di laureati nelle materie STEM è ancora limitata rispetto alla crescente richiesta del mercato del lavoro. Inoltre, il bacino di talenti dell’UE sta diminuendo a causa della fuga di cervelli all’estero dovuta a maggiori e migliori opportunità occupazionali. Mancano anche le competenze per diffondere più velocemente le tecnologie digitali nell’economia, così come per affrontare la sfida della decarbonizzazione.

L’UE dovrebbe rivedere il suo approccio alle competenze, rendendolo più strategico, orientato al futuro e focalizzato sulle carenze di competenze emergenti. Sarebbe necessario intensificare l’uso della “skills intelligence”, ovvero l’uso di informazioni affidabili, granulari e comparabili sullo stato e le esigenze in termini di competenze, per comprendere e agire sulle carenze esistenti. I sistemi di istruzione e formazione devono diventare più reattivi alle mutevoli esigenze di competenze e alle carenze individuate dalla skills intelligence. I programmi dell’UE dedicati all’istruzione e alle competenze dovrebbero essere ridisegnati, in modo che i fondi stanziati possano avere un impatto notevolmente maggiore. Sarebbero necessari interventi specifici per affrontare le carenze più gravi di competenze tecniche e STEM. 

Un programma per affrontare il deficit di innovazione

Il capitolo suggerisce una serie di misure per superare il divario di innovazione che possono essere sintetizzate come segue:

  • L’UE deve migliorare le condizioni per l’innovazione dirompente affrontando le debolezze dei suoi programmi comuni di R&I. In particolare, si raccomanda di riformare il suo prossimo programma quadro per la R&I, ovvero:
    • il programma dovrebbe essere riorientato su un numero minore di settori e priorità;
    • una quota maggiore delle risorse dovrebbe essere destinata al finanziamento dell’innovazione dirompente e, per fare un uso efficiente di questi finanziamenti, l’EIC dovrebbe essere riformato sull’esempio delle agenzie  “ARPA” statunitensi;
    • la gestione del programma dovrebbe essere demandata a project manager e esperti in prima linea nell’innovazione (non a funzionari UE);
    • l’accesso al programma e le regole di partecipazione e gestione dei progetti finanziati sono eccessivamente complesse e andrebbero semplificate;
    • il budget dovrebbe essere raddoppiato a 200 miliardi di euro per 7 anni.
  • E’ necessario migliorare il coordinamento della R&I pubblica tra gli Stati membri;
  • È essenziale stabilire e consolidare istituzioni accademiche europee all’avanguardia nella ricerca globale;
  • È necessario un migliore ambiente di finanziamento per l’innovazione dirompente, le start-up e i processi di scale-up, rimuovendo contestualmente le barriere alla crescita all’interno dei mercati europei;
  • L’UE ha un’opportunità unica di ridurre i costi di implementazione dell’IA aumentando la capacità di calcolo e mettendo a disposizione la sua rete di computer ad alte prestazioni;
  • L’UE dovrebbe promuovere il coordinamento intersettoriale e la condivisione dei dati per accelerare l’integrazione dell’IA nell’industria europea;
  • Data la posizione dominante dei fornitori statunitensi, l’UE deve trovare una via di mezzo tra la promozione dell’industria cloud domestica e la garanzia di accesso alle tecnologie di cui ha bisogno;
  • È necessario facilitare il consolidamento del settore delle telecomunicazioni per ottenere tassi di investimento più elevati nella connettività;
  • Sostenere ed espandere la R&I sarà fondamentale anche per i settori manifatturieri chiave come quello farmaceutico.

Gli interventi proposti

Su queste basi nella parte B del Report vengono formulate proposte concrete - da realizzare in un differente arco temporale - che dovrebbero contribuire a colmare il divario di innovazione nell’UE:

  1. Creare un ambiente di finanziamento migliore per l’innovazione dirompente, le start-up e le scale-ups: i) riformare l’attuale EIC sviluppando un’agenzia europea “di tipo ARPA” che sostenga l’innovazione dirompente”; ii) ampliare gli incentivi per i “business angel” e gli investitori privati/pubblici di capitale di avviamento; iii) fare leva sulla Banca europea per gli investimenti (BEI) e sulle banche di promozione nazionali (NPB) per mobilitare fondi pubblico-privati e favorire il co-investimento in iniziative che richiedono importi maggiori; iv) aumentare l’attrattiva dei mercati azionari europei per le IPO (Initial Public Offering) e per le società dopo la quotazione in borsa.
     
  2. Progettare un decimo programma quadro di R&I più semplice e di maggiore impatto, come sopra indicato e in particolare riorientare il futuro programma su priorità selezionate (le nuove “priorità dell’UE in materia di competitività”) e aumentarne il bilancio complessivo a 200 miliardi di euro.
     
  3. Promuovere l’eccellenza accademica e le istituzioni leader a livello mondiale: i) raddoppiare il bilancio per la ricerca fondamentale attraverso il Consiglio europeo della ricerca (CER); ii) lanciare un programma altamente competitivo per favorire l’emergere di istituzioni di ricerca leader a livello mondiale (chiamato “CER per le istituzioni - CER-I”); iii) introdurre un regime favorevole per attrarre ricercatori di alto livello (creare la posizione di“Cattedra UE”); iv) promuovere la mobilità dei ricercatori, estendendo Erasmus+ anche a questo target di soggetti; v) sviluppare un quadro europeo per facilitare la raccolta di fondi del settore privato per le università pubbliche.
     
  4. Investire in infrastrutture tecnologiche e di ricerca leader a livello mondiale, ovvero aumentare gli investimenti congiunti in queste infrastrutture, mettendo in comune risorse provenienti da fonti diverse: Fondi UE, fondi nazionali e investimenti privati.
     
  5. Più R&I e coordinamento rafforzato delle politiche attraverso un’Unione della ricerca e dell’innovazione: i) istituire un’Unione per la Ricerca e l’Innovazione che porti alla formulazione congiunta di una strategia e di una politica europea comune in materia di R&I; ii) istituire un Piano d’azione dell’UE per la R&I per coordinare i piani di R&I degli Stati membri, stabilendo le priorità, promuovendo la collaborazione e avviando progetti comuni; iii) rinnovare l’impegno ad aumentare la spesa dell’UE per la R&S al 3%.
     
  6. Un ecosistema normativo più favorevole e semplice per le imprese innovative: i) facilitare lo sfruttamento commerciale della ricerca accademica, sviluppando un nuovo schema per la condivisione delle royalty tra ricercatori e università o organizzazioni di ricerca e tecnologia (RTO); ii) adottare il sistema del Brevetto unitario in tutti gli Stati membri; iii) introdurre un nuovo statuto a livello europeo per le imprese innovative (“Impresa europea innovativa”); iv) rivedere le norme sugli appalti pubblici per favorire l’innovazione strategica.
     
  7. La prosperità condivisa come motore fondamentale per l’innovazione dell’UE: i) promuovere una riduzione coordinata della tassazione sul reddito da lavoro per i lavoratori a reddito medio-basso; ii) affrontare le pratiche che limitano la mobilità del lavoro tra le imprese, come gli accordi di non concorrenza e di non assunzione dei rispettivi dipendenti.
Contenuto creato il 17/10/2024